24 Ottobre 2022
Innovazione di comunità: il ruolo delle tecnologie
Il ruolo delle tecnologie sarà sempre più cruciale nello sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili
Si parla molto delle Comunità Energetiche Rinnovabili, del quadro amministrativo ma poco delle tecnologie necessarie per far funzionare al meglio questi nuovi soggetti energetici. Ne abbiamo parlato con l’Ingegner Davide Spotti, Presidente di Regalgrid Europe, azienda che fornisce anche tecnologie gestionali per queste realtà.
Quale ruolo avranno le tecnologie nello sviluppo delle comunità energetiche?
«Un ruolo importante soprattutto per noi, che siamo un Technology provider. Con una serie di nuove tecnologie corrediamo il servizio alle comunità energetiche. In questa maniera facciamo dialogare diversi hardware, sensori e quant’altro in molteplici situazioni che si vengono a creare in tempo reale. Quando parliamo di comunità energetica abbiamo una grande varietà di protagonisti in azione che si muovono molto velocemente in termini di consumo, di generazione, d’accumulo, di sbilanciamenti, per cui è fondamentale riuscire a dare, in tempi estremamente rapidi, parliamo di millisecondi, soluzioni a queste problematiche che nascono dalla combinazione di varie situazioni e attori. Dire ciò già non è semplice, ma farlo è molto complesso, per questa ragione si parla esattamente di tecnologie abilitanti. Bisogna far dialogare molti sistemi hardware diversi e questa è la prerogativa di Regalgrid, che non vuole essere dipendente da un’unica configurazione, da un unico costruttore, da un’unica tipologia di inverter o accumulo, pompa di calore o colonnina di ricarica. Dialoghiamo costantemente, a livello tecnologico, con tutte queste realtà, garantendo la sicurezza, delle transazioni, dei dati, per essere sicuri che ciò che si è previsto avvenga sul serio e ciò implica una profonda cono- scenza di tutti i protocolli di comunicazione e di sicurezza. Oltre a ciò usiamo anche la blockchain che è un super notaio cibernetico che congela il valore di ogni transazione secondo parametri internazionali riconosciuti e non alterabili. Tutto ciò dà sia sicurezza, sia anche possibilità di controllo, di verifica, ma soprattutto si tratta di dati inoppugnabili, non manipolabili e quindi intrinsecamente sicuri».
Oggi è un momento complesso per chi come voi s’occupa di tecnologie. Come vi muovete?
«Vista anche la situazione globale della supply chain che è estremamente problematica e congestionata, a causa dei problemi ben noti, abbiamo deciso di sviluppare una filiera italiana. In Italia si trovano contributi ad altissimo valore aggiunto, delle eccellenze notevoli con cui si riesce a fare squadra e quindi per i nostri SNOCU (energy gateways che gestiscono i nodi Regalgrid) abbiamo sviluppato la nostra elettronica, su nostro progetto, con componentistica e filiera locali customizzandola, mentre prima utilizzavamo un’elettronica generica che doveva far girare dei protocolli necessariamente general purpose con tutte le tematiche e le problematiche che ne derivavano. Così siamo riusciti a creare dei protocolli dedicati, quindi molto più veloci, efficaci ed efficienti e ciò ci ha consentito di svincolarci dalla congestione dei semiconduttori».
Lo scenario che si delinea oggi per ciò che riguarda il modello energetico e quello delle fonti distribuite gestite attraverso il “demand and response” è un ostacolo o un’opportunità per le comunità energetiche?
«Il ‘demand and response’ è una delle modalità con le quali si esprime la comunità energetica e manifesta il suo valore. Si tratta di una modalità che serve anche alla comunità per confrontarsi con la rete fornendole o incamerando energia. Quest’ultima è una delle modalità, non la principale, ma che è sicuramente importante, soprattutto visti i tempi che corrono. I codici di rete in questo senso sono già stati provati, sperimentati in Italia e quindi la funzionalità ‘demand and response’ è una delle possibilità, anche per consentire alle comunità energetiche di fornire i servizi di rete, cosa che sarà sempre più necessaria con il modello distribuito».
Tutto molto interessante ma anche molto complesso. Come fate per comunicare le modalità di utilizzo di queste tecnologie al prosumer che deve usarle a casa?
«Grazie per la domanda che sembra semplice e alla quale cerco di dare una risposta altrettanto semplice, perché la tematica è cruciale. Prima di tutto bisogna considerare che i nostri clienti sono molto diversi tra di loro. Noi abbiamo ormai migliaia di nodi installati e altrettanti attori, come i prosumer o anche solo i consumer. Dentro a una comunità energetica c’è chi genera e consuma e anche solo chi consuma, chi ha la convenienza ad aggregarsi a persone che hanno una generazione rinnovabile, godendo dell’autoconsumo collettivo e quindi dei vantaggi che ne derivano. Quindi i clienti finali che hanno bisogno di capire che cosa sta succedendo sono di natura molto diversa. Ci sono gli abitanti di condominio, ci sono i privati nelle loro case con il loro tetto fotovoltaico oppure no, ci sono gli artigiani con i loro capannoni che s’uniscono e che mettono a disposizione dei vicini le falde dei propri capannoni, ci sono gli impianti commerciali e le pubbliche amministrazioni. Gli interlocutori sono molto diversi e hanno necessità simili ma differenti. E non dimentichiamo gli installatori, che sono i veri protagonisti, visto che fanno l’installazione, la configurazione e l’avvio di tutto ciò che necessita per essere connesso e operante in una comunità energetica. Per tutti questi attori Regalgrid ha sviluppato delle vere e proprie App dedicate che mettono a disposizione un corredo d’informazioni convalidate. Così ognuno può accedere e avere la visibilità sulle proprie performance. Un consumatore può vedere quanto consuma nel giorno e quanto sta succedendo a livello di comunità energetica, se è un prosumer, può vedere sia i consumi sia la produzione, può fare delle statistiche di periodo confrontandole con i periodi precedenti. Il vero cuore pulsante di Regalgrid sono i suoi algoritmi e logiche brevettate, che attuano in ogni istante gli scambi energetici che ottimizzano gli obiettivi di ogni singola comunità energetica, ma di tutto ciò l’utente non deve affatto preoccuparsi. Egli infatti ha tutta una serie di strumenti per poter capire come sta andando e soprattutto se può fare meglio. Queste sono tutte informazioni che mettiamo a disposizione e alle quali aggiungiamo tutta una serie di corsi di formazione rivolti alla nostra rete d’imprese con gli installatori certificati e validati. Tutto per trasmettere quante cose si possono fare sulla piattaforma Regalgrid® e quali sono i vantaggi derivanti dalle comunità energetiche. Si tratta di un’attività che secondo me non finirà anche perché la consapevolezza sui vantaggi delle comunità energetiche, gestite attraverso le tecnologie innovative, non è per ora ancora elevata. Oltre a ciò abbiamo sviluppato dei rapporti proprio sull’informazione/formazione con le associazioni di settore, come per esempio l’Anci o CNA Veneto, per comunicare al meglio tutti i vantaggi delle comunità energetiche».
24 Ottobre 2022
Comunità Energetiche: il futuro è oggi
Le comunità energetiche rinnovabili rappresentano la misura dell’impegno di Italia ed Europa per la decarbonizzazione. L’inserimento delle Comunità di Energia Rinnovabile (CER) all’interno della legge Milleproroghe di febbraio 2020 ha dato la misura dell’impegno dell’Italia al raggiungimento dei target 2030, ovvero che più del 70% dell’energia elettrica consumata nel 2030 derivi da fonte rinnovabile.
Un’azione decisa per un impegno ambizioso, che traccia la direzione in cui l’Italia e l’Europa vogliono andare: generazione distribuita, partecipazione dal basso, bilanciamento delle reti, demand response. L’Italia, con questo decreto, ha fornito il fondamento normativo allo sviluppo dell’autoconsumo collettivo, vale a dire una configurazione che prevede che si possa condividere energia autoprodotta da fonti rinnovabili tanto all’interno di un singolo edificio – schema per Autoconsumatori Collettivi – quanto all’interno di un perimetro elettrico (delimitato dalla cabina elettrica secondaria o primaria) – schema per Comunità di Energia Rinnovabile – come da nuovo recepimento all’interno del DL 199/2021, strumento indiretto per rafforzare le reti di trasmissione e distribuzione al compito di dover sostenere l’impatto delle fonti non programmabili (NFER). In breve, le CER.
Il passato è passato
Storicamente il mercato delle energie rinnovabili, in particolare il fotovoltaico, prevedeva – e prevede ancora – approcci “standard” che rispondevano alle opportunità di remunerazione che il mercato di volta in volta offriva. È il caso degli impianti in cessione, remunerati attraverso i conti energia o, in casi più limitati, in grid parity, oppure degli impianti in autoconsumo – a copertura del fabbisogno del POD sottostante, sia per taglia residenziale che C&I – realizzati in alcuni casi in SEU anche scorporando la proprietà dell’impianto rispetto alla proprietà del soggetto consumatore. Schemi “chiusi”, e dal punto di vista finanziario molto simili tra loro, che rendevano semplice la valutazione del modello di business, pur prevedendo l’utilizzo di differenti strumenti finanziari (PPA, noleggi, leasing).
Gli approcci allo sviluppo delle CER
Per poter sviluppare un progetto di CER, è necessario un nuovo approccio che tenga conto di diversi aspetti:
dimensionamento e ubicazione degli impianti di produzione: il beneficio dell’autoconsumo fisico o in situ è una componente che resta va- lida negli schemi della CER e che è opportuno considerare. Oltre a ciò, per valutare il profilo di autoconsumo collettivo è necessario conoscere o stimare i profili di contributo al consumo che in particolare i soggetti passivi consumer possono apportare. Poterli monitorare, e poter incidere sui profili d’immissione degli impianti di produzione, risulta una chiave determinante per massimizzare l’autoconsumo collettivo e quindi i benefici di tutti i soggetti partecipanti. Una volta valutati i fabbisogni e le superfici disponibili per la CER, va definito dove (in che POD) è opportuno posizionare gli impianti, ai fini di comporre i benefici derivanti dall’autoconsumo fisico con quelli dell’autoconsumo collettivo;
il coinvolgimento dei consumatori: ruolo centrale nelle CER è quello del consumer, perché grazie al proprio fabbisogno energetico consentirà di utilizzare l’energia immessa dagli impianti di produzione, generando quindi la componente di autoconsumo collettivo che viene premiata da tariffe dedicate per una durata ventennale. Coinvolgere il consumatore prevede necessariamente il trovare gli approcci diretti e semplificati che portano a dover adottare dei canali comunicativi e politiche commerciali più vicine al mondo del Business to Consumer (B2C), rispetto all’approccio più tecnico-finanziario proprio del canale Business to Business (B2B), linguaggio da sempre utilizzato dalla filiera del fotovoltaico, anche domestico, fino ad oggi;
la definizione del soggetto giuridico e delle regole di ripartizione: la natura giuridica della CER è determinante per poter gestire in modo snello le procedure di costituzione, gli adempimenti gestionali, i costi operativi, il rispetto della policy sulla privacy. Le regole di ripartizione, regolate dal diritto privato, dovranno riflettere i benefici per i membri partecipanti, tenendo conto della remunerazione degli investitori che hanno promosso l’iniziativa e il loro piano di ammortamento, ma al contempo generando benefici per tutti i soggetti passivi che dovranno ottenere una adeguata remunerazione economica, oltre alla possibilità di consumare energia verde e a chilometro zero;
le CER sono un soggetto aperto: è opportuno tenere in considerazione che le CER potranno evolvere nel tempo. Per soddisfare le nuove adesioni di soggetti che intenderanno partecipare a una CER, è opportuno pianificare come far fronte alle nuove esigenze che potranno emergere, e da questo punto di vista l’adozione di idonei strumenti di monito- raggio contribuiranno a governare al meglio questi passaggi evolutivi;
il ruolo della digitalizzazione: la necessità di gestire questa nuova complessità di fattori, può e deve essere occasione per digitalizza- re i processi monitoraggio e ottimizzazione delle CER, per rendere immediatamente fruibili a ciascun membro (investitore, gestore, partecipante) tutte le informazioni di cui ha bisogno, contribuendo a sensibilizzare il consumatore a ridurre gli sprechi, che rappresentano un fattore significativo per ridurre i consumi in bolletta, guidando nelle scelte gli investitori, supportando la filiera che si occuperà della gestione e manutenzione delle Le CER devono colpare il gap di asimmetria informativa che ha storicamente contrapposto chi vende energia da chi la compra e la consuma.
I nuovi attori delle CER e l’evoluzione dei modelli di business
Oggi le CER offrono nuove opportunità a nuovi attori e, di conseguenza, determinano nuovi modelli di business. Innanzitutto, la governance delle comunità di energia rinnovabile ricade in capo a una varietà di soggetti – privati, PMI, enti pubblici – che possono definire gli schemi di ripartizione dell’energia e dei proventi all’interno della comunità. In poche parole, quale modello di business adottare. In questo quadro è evidente come un in- vestimento pubblico – che nei prossimi anni sarà rafforzato anche dai decreti del PNRR, in particolare per i comuni sotto i cinquemila abitanti – sarà diverso da un modello definito da un condominio, che a sua volta sarà diverso dal modello adottato in un contesto industriale.
Ci sono soggetti che stanno muovendo i primi passi, per provare a definire questi nuovi approcci attraverso iniziative concrete. A titolo esemplificativo e non esaustivo, si citano alcuni esempi suddivisi in diverse categorie:
iniziative “dal basso”: ci sono oggi realtà private (ad esempio 3EEE con il progetto di San Giovanni a Teduccio), utility (come ènostra, con il progetto presso il social housing Qui Abito di Padova) e nuove associazioni (come la fondazione CERS di Legambiente), che hanno promosso la realizzazione di progetti di CER, partendo proprio dal coinvolgimento dei membri delle CER e dalla sensibilizzazione dei futuri partecipanti. Queste iniziative hanno contribuito a sensibilizzare in modo trasversale cittadini e PA che ospitano questi progetti, ponendo enfasi sulla Sostenibilità e sulla lotta alla povertà energetica;
ESCO e utility: soggetti più strutturati del settore dell’efficientamento e dell’energia stanno sviluppando progetti di CER sia in ambito privato sia pubblico, con approccio di general contractor che ha l’obiettivo principale di consolidare rapporti duraturi con i membri della CER, snellendo al massimo i canali comunicativi. In questo ambito si può citare l’esperienza della soluzione My Home di Alperia, che nasce con l’intento di proporre impianti fotovoltaici con accumulo chiavi in mano, che tramite la detrazione fiscale al 50%, lo sconto in fattura e il credito al consumo, non prevedono alcun pagamento iniziale da parte dell’utente, che potrà infine abbonarsi ad un contratto luce che completi con una tariffa flat i propri fabbisogni, in modo stabile e trasparente. La CER in questo caso viene inserita in un secondo momento, attraverso la costituzione di appositi soggetti da parte dell’utility altoatesina, conferendo l’opportunità ai membri partecipanti di beneficiare degli incentivi messi a disposizione da questo schema;
Main Contractor del Superbonus 110%: una opportunità che alcuni players attivi nel settore delle ristrutturazioni sembrano voler cogliere, trainato nell’ultimo anno dal Superbonus 110%, è quello di costituire le CER anche attraverso la grande platea di soggetti che sono stati coinvolti dal bonus ristrutturazioni e che hanno utilizzato questo strumento come prima fase di un modello di business che arrivasse a raggruppare gli utenti prosumer, assieme a campagne sui consumer, per costruire delle CER partendo dalla platea dei propri clienti;
Pubbliche Amministrazioni: nel mondo delle PA ci sono già diverse singole iniziative, a seguito della realizzazione nel 2020 della prima CER presso il Comune di Magliano Alpi. Oltre a queste, si stanno delineando consorzi e soggetti che raggruppano un numero più ambio di Comuni, da cui stanno nascendo degli approcci strutturati per sviluppare le CER presso i comuni aderenti al consorzio tramite una regia centralizzata. In questo ambito, è opportuno citare le manifestazioni di interesse e le gare indette dalla Comunità Collinare del Friuli e Enerbit per i comuni nel bresciano.
Le barriere e le opportunità
La disciplina sperimentale regolamentata dal recepimento del primo schema di CER con la legge 42 bis del D.L. 162/2019, non ha portato i frutti che ci si attendeva. L’adeguamento a questi nuovi schemi ha richiesto comprensibilmente un adattamento di strumenti informatici da parte dei DSO e del GSE. I tempi medi di risposta e la macchinosità delle procedure però risultano ancora oggi, a due anni dall’approvazione di questo DL, troppo lunghi, scoraggiando in questo modo gli investimenti pubblici e privati in questo settore. L’auspicio, a seguito del recepimento della RED2 che dovrebbe consentire di traguardare tutti i decreti attuativi entro giugno del 2022, è di ottenere finalmente un quadro stabile che permetta di accelerare in questa direzione, snellendo i processi istruttori, velocizzando gli iter di connessione, anche grazie alla pubblicazione dei dati relativi alle cabine primarie, che segneranno i nuovi perimetri entro cui poter costruire questi soggetti. L’impressione di chi opera quotidianamente su questi temi è che non si aspetti altro, perché questo tipo di iniziativa trova l’interesse di una ampissima platea di possibili stakeholders, che chiedono solo tempi certi e regole chiare per poter utilizzare questi strumenti.
7 Settembre 2022
Comunità energetiche e regioni: lo stato dell’arte
La crescita delle rinnovabili e il progressivo decentramento della produzione di energia elettrica hanno anche determinato la nascita di nuovi assetti del sistema energetico, non solo dal lato del consumo ma anche da quello della produzione. Le Comunità energetiche rinnovabili (CER) rappresentano un tassello fondamentale in questo processo di cambiamento del sistema energetico, un modello su cui l’Unione Europea ha già incominciato a puntare in modo evidente per completare il piano di transizione energetica.
Secondo un rapporto da poco pubblicato dall’European Environment Agency (EEA), i prosumer, l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche, sono realtà che si stanno consolidando e sono destinate a crescere nei prossimi anni, anche grazie alle politiche territoriali. Tuttavia, queste realtà devono affrontare ancora molte difficoltà fra cui: i costi di realizzazione dei progetti, le lacune normative e l’assenza di competenze professionali specializzate.
LE COMUNITA’ ENERGETICHE, EVOLUZIONE NORMATIVA
Il nuovo sistema energetico è sempre più caratterizzato da una costellazione di piccoli impianti a fonti rinnovabili distribuiti sul territorio nazionale e di consumatori che sono allo stesso tempo produttori, anche definiti prosumer. I prosumer sono i cittadini che hanno installato un impianto fotovoltaico sul tetto di casa, e possono sfruttare sia dall’energia autoprodotta che quella prelevata dalla rete. Ma un prosumer può anche consumare l’energia prodotta da un impianto condominiale, in questo caso parliamo di autoconsumo collettivo. Invece, nel caso in cui sia un impianto costruito con il contributo di più persone a fornire l’alimentazione necessaria alle utenze, parliamo di comunità energetiche rinnovabili (CER). Che le comunità energetiche siano qualcosa di molto recente si può evincere dal fatto che l’espressione stessa è entrata in circolazione nel linguaggio nel dicembre del 2020, con il Parlamento italiano che approvava un emendamento al decreto Milleproroghe 2020 (Dl 30 dicembre 2019, n. 162; riconoscendo così per la prima volta le associazioni di autoconsumatori di energia rinnovabile, così come stabilito dalla Direttiva europea Red II (2018/2001/Ue). Il recepimento definitivo della Direttiva Red II, all’interno dell’ordinamento nazionale, è avvenuto solo due anni dopo con il con il Dlgs 8 novembre 2021, n. 199.
La Direttiva Red II, oltre a definire chi sono gli autoconsumatori di energia rinnovabile e chi gli autoconsumatori che agiscono collettivamente, stabilisce che la “comunità di energia rinnovabile” (CER) è quel soggetto giuridico che: si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonoma ed è controllata da azionisti o membri, che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione. I cosiddetti azionisti o membri sono persone fisiche, Pmi o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali.
L’obiettivo delle comunità energetiche è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.
COMUNITA’ ENERGETICHE, INCENTIVI E ATTESE
La Direttiva Red II prevede anche agevolazioni per l’autoconsumo, come quelle che riguardano il pagamento degli oneri di rete. Gli autoconsumatori di energia rinnovabile devono poter produrre energia per il proprio consumo, immagazzinare o vendere quella in eccesso, senza essere soggetti a procedure e oneri discriminatori o sproporzionati e oneri di rete che non tengano conto del cost reflective, e cioè che rispecchino l’utilizzo che si fa della rete stessa. La totale esenzione degli oneri di rete e di sistema è prevista, invece, per gli impianti di piccola taglia (quelli con potenza uguale o inferiore a 30 kW non incentivati).
Già a partire dal decreto Milleproroghe fu prevista una tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili, sia inseriti nei sistemi di autoconsumo collettivo che realizzati all’interno di comunità energetiche. In seguito, Il Dl 34/2020 (decreto Rilancio) ha poi riconosciuto anche alle comunità energetiche l’accesso al Superbonus 110% destinato alla riqualificazione energetica degli edifici, ma mantenendo solo il ritiro dedicato e la restituzione degli oneri di trasmissione e dispacciamento per l’energia autoconsumata collettivamente.
Lo stesso decreto ha anche stabilito l’estensione da 20 a 200 kW della detrazione fiscale del 50% per gli impianti a fonti rinnovabili realizzati da parte di soggetti che aderiscono alle comunità energetiche.
In ultima battuta è stato il Dlgs 8 novembre 2021, n. 199 a prevedere un aggiornamento di questi primi incentivi. Il decreto stabiliva che entro il 13 giugno 2022 si sarebbero dovuti aggiornare i meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo o in comunità energetiche rinnovabili. L’aggiornamento di questi meccanismi, per cui si è già in estremo ritardo, dovrebbe avvenire tramite la pubblicazione di decreti attuativi. Questi ritardi che hanno suscitato il malcontento degli addetti ai lavori, delle fondazioni e delle associazioni. Come dichiarato dal Coordinamento Free, “I decreti attuativi per le CER erano attesi per il mese di marzo, ora sono attesi per settembre, ma voci interne al governo ci hanno riferito che potrebbero arrivare verso la fine dell’anno. Si tratta di un ritardo intollerabile che farebbe partire i processi di formazione delle CER impedendo ai cittadini d’organizzarsi per fare fronte al caro bollette che di sicuro li accompagnerà per tutto il 2023.”
IL RUOLO DELLE REGIONI
Nella traiettoria di sviluppo delle comunità energetiche, le regioni hanno un ruolo fondamentale sia in quanto enti molto vicini ai cittadini che come “ultimi attuatori” delle politiche nazionali. Non a caso le regioni hanno l’obbligo di recepire la normativa nazionale tramite provvedimenti ad hoc. Questi provvedimenti oltre ad avere una funzione di recepimento, stabiliscono anche il quadro normativo e le procedure da seguire. In questo caso il Piemonte costituisce un esempio abbastanza chiaro, dal momento che ha emanato ben due provvedimenti in merito, stabilendo fra l’altro i criteri da seguire per la costituzione di una comunità energetica. Il modello piemontese indica il quadro delle procedure fondamentali alla costituzione di una comunità energetica: come si adotta un protocollo d’intesa per i comuni che vogliono proporre la realizzazione di una CER oppure come si redige il bilancio energetico (da completare entro sei mesi dalla loro costituzione).
Risulta fondamentale, al fine della diffusione delle CER, che i processi e i criteri da seguire siano molto chiari e ben strutturati, in tal modo tutti gli attori coinvolti (dal cittadino privato, alle Pmi e gli enti), possano accedere in modo semplice alla possibilità di realizzare una comunità energetica rinnovabile. Anche se allo stato attuale non tutte le regioni hanno legiferato, progressivamente si stanno dotando di provvedimenti con cui viene recepita la normativa nazionale e si stabiliscono le misure per promuovere le comunità energetiche sul territorio. Sicuramente fra gli strumenti di promozione più efficaci troviamo i bandi e le agevolazioni per la costituzione delle comunità energetiche. La Regione Lombardia, ad esempio, ha stanziato 20 milioni di euro in favore di comuni e altri soggetti pubblici con l’obiettivo di supportare gli enti non solo economicamente ma anche tecnicamente nella costituzione delle comunità energetiche (https://bit.ly/3RVdQ5l).
Sono varie le strade che si possono intraprendere per la diffusione delle CER, anche per le regioni che non hanno ancora emanato provvedimenti. Questo è accaduto proprio nel Lazio, che prima ancora di recepire la normativa nazionale ed europea ha firmato un protocollo di intesa con l’Università la Sapienza di Roma per la diffusione delle comunità energetiche. L’obiettivo è quello di creare 100 comunità energetiche in 100 comuni. Per la realizzazione di questo piano ambizioso, la Regione ha stanziato 110 milioni di euro a valere sui fondi del PNRR, Fondi Ue 2021-2027 e risorse regionali.
Le regioni possono anche dotarsi di strumenti diversi da quelli incentivanti, per valorizzare l’energia prodotta dalle CER. Questo è quanto accaduto con la pubblicazione della legge della Calabria. Con questo provvedimento non viene solo stabilito quale procedura devono adottare i comuni nella costituzione di una comunità energetica, ma viene anche istituito un marchio di qualità ecologica denominato “Energia Rinnovabile di Calabria”. Marchio che mira a sostenere e promuovere lo sviluppo di un mercato su base volontaria dell’energia pulita da fonti rinnovabili. Saranno garantite la tracciabilità dell’energia e la qualità ecologica degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili presenti nella regione, anche in relazione al loro impatto paesaggistico ed al rispetto della fonte naturale (https://bit.ly/3cNVZOB).
Ma non solo. Le regioni potrebbero anche allargare il tavolo di consultazione sulle Comunità Energetiche, coinvolgendo gli enti territoriali, come ha fatto la Regione Liguria insieme a Anci Liguria e l’Università di Genova, per adeguarsi alla normativa nazionale. La regione, infatti, ha strutturato il tavolo tecnico su due livelli, uno istituzionale con funzioni d’indirizzo e uno di consultazione, uno di ascolto e consultazione che prevede la convocazione delle associazioni, dei professionisti e dei cittadini dei territori coinvolti per indirizzare ma anche e soprattutto ascoltare e dare risposta alle esigenze dei territori e dei soggetti che lo caratterizzano. Si tratta di processi che devono avere due caratteristiche. La prima è quella della massima trasparenza e condivisione, condizioni necessarie per avviare la transizione energetica e che sono sempre più richieste dai cittadini, mentre la seconda è quella del “ritaglio” dei progetti su misura di territori e cittadini. Le Comunità energetiche rinnovabili saranno ancor di più delle fonti rinnovabili esse stesse un prodotto, come ebbe a dire Gianni Silvestrini, di sartoria energetica, perché devono calzare a pennello.
ECCO L’INDICE DEI PROVVEDIMENTI REGIONALI A OGGI USCITI:
Abruzzo – legge regionale 17 maggio 2022, n. 8 (Leggi qui)
Calabria – legge regionale 10 novembre 2020, n. 25 (Leggi qui)
Campania – legge regionale 29 dicembre 2020, n. 38 (Leggi qui)
Emilia Romagna – legge regionale 27 maggio 2022, n. 5 (Leggi qui)
Liguria – legge regionale 6 luglio 2020, n. 13 (Leggi qui)
Marche – legge regionale 11 giugno 2021, n. 10 (Leggi qui)
Piemonte – legge regionale 3 agosto 2018, n. 12 (Leggi qui), Dgr 8 marzo 2019, n. 18-8520 (Leggi qui)
Puglia – legge regionale 9 agosto 2019, n. 45 (Leggi qui), Dgr Puglia 7 agosto 2020, n. 1346 (Leggi qui) Dgr 9 luglio 2020, n. 74 (Leggi qui)
Veneto – legge regionale 5 luglio 2022, n. 16 (Leggi qui)
Lombardia – Legge Regionale 23 febbraio 2022 , n. 2 (Leggi qui)
Sicilia – Avviso pubblico per la costituzione delle Comunità di Energie Rinnovabili e Solidali (Leggi qui)
Valle D’Aosta – Informazioni generali regionali (Leggi qui); Disegno di Legge 74/XVI (Leggi qui)
Sardegna – Deliberazione n. 6/20 del 25.02.2022 (Leggi qui)
15 Settembre 2021
Pompa di calore e impianto fotovoltaico: perché conviene la comunicazione termo-elettrica in comunità energetica?
L’INTERAZIONE FRA FOTOVOLTAICO E POMPA DI CALORE
Quando si parla di comunità energetica molto spesso non si coglie la particolarità che ad un impianto fotovoltaico sia possibile associare vantaggiosamente l’interazione con una pompa di calore.
Infatti, quello che succede è che ci si focalizzi sullo scopo principale dell’impianto, ovvero di utilizzare una fonte rinnovabile per alimentare l’autoconsumo locale, ovvero il proprio consumo, elettrico ed energetico. Tale energia in realtà può ulteriormente essere utilizzata anche per garantire il funzionamento delle pompe di calore o di qualsiasi altro asset energetico connesso in comunità: l’interazione tra questi due impianti può essere considerata come una soluzione ottimale per aumentare l’efficienza energetica e la sostenibilità della propria casa e del proprio impianto.
I VANTAGGI DELL’INTERAZIONE FRA POMPA DI CALORE E IMPIANTO FOTOVOLTAICO
Si possono elencare alcuni vantaggi derivanti dall’interazione tra pompa di calore e impianto fotovoltaico:
Risparmio economico. Dall’abbinamento dei due sistemi, risultano sommati i benefici economici legati al fotovoltaico (es: detrazioni fiscali, incentivi) e alle pompe di calore (es: conto termico).
Riduzione dell’impatto ambientale. Le pompe di calore utilizzano componenti rinnovabili (come aria o acqua) per svolgere la loro funzione di riscaldamento o raffreddamento; inoltre, utilizzano l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico che, a sua volta, è una fonte rinnovabile.
Aumento dell’efficienza energetica. Il fotovoltaico e la pompa di calore possono essere collegati a dispositivi tecnologici come lo SNOCU (https://regalgrid.com/magazine/monitoraggio-dei-consumi-e-della-generazione-di-energia-elettrica/) in modo da poter gestire in maniera intelligente il funzionamento della pompa di calore e riuscire a ottimizzarne consumi e utilizzo.
Potenziale accumulo termico. La pompa di calore alimentata dall’impianto fotovoltaico è in grado di accumulare acqua riscaldata all’interno di un apposito serbatoio in acciaio nelle ore di sole, in cui il fotovoltaico riesce a produrre energia: tale scorta può poi essere utilizzata nelle ore di buio. Questo meccanismo segue lo stesso principio secondo cui nei sistemi di accumulo (link) si conserva energia da consumare in momenti senza luce solare.
Risparmio ed efficienza energetica. Utilizzando la fonte solare come energia da accumulare termicamente nel serbatoio della pompa di calore per riscaldare progressivamente e in maniera guidata dallo SNOCU di Regalgrid si ottiene anche un risparmio energetico anziché affidare la pompa di calore al tradizionale termostato fornito dal produttore. Si consegue così una grande efficienza energetica corrispondente ad un cospicuo risparmio in bolletta.
26 Febbraio 2021
Transizione Ecologica & Comunità Energetiche
Che cos’è quindi la transizione ecologica, e in che cosa consiste?
E come si inseriscono le Comunità Energetiche in questo contesto?
Le domande sono molte, così come i dubbi, proviamo quindi a sciogliere qualche nodo.
TRANSIZIONE ECOLOGICA ED ENERGETICA: I DUE NUOVI PARADIGMI
Lo dice la parola stessa, TRANSIZIONE, un passaggio più o meno celere da una fase di stasi ad un nuovo e diverso equilibrio, da una posizione di sfavore ad una di favore e convenienza. Ebbene, la transizione ecologica è proprio questo, il passaggio da una situazione poco orientata al green, poco attenta ai consumi e agli sprechi, ad una di attenzione e cura di questi aspetti che impattano il nostro stile di vita e l’ambiente in cui viviamo, senza traumi né disguidi.
Le Comunità Energetiche e La Transizione Ecologica
A queste condizioni, oggigiorno è impensabile scindere la transizione ecologica da quella energetica, considerando specialmente quanto la produzione energetica stessa derivi per la sua grande maggioranza da fonti di energia non rinnovabili e/o collocate all’estero: questo meccanismo fa da una parte sprecare risorse economiche per la compravendita di energia “estera” e dall’altra rinforza la grande opportunità di usufruire di una fonte che invece abbiamo disponibile gratuitamente e in abbondanza: il sole. Non a caso, infatti, proprio per l’alto irraggiamento solare della penisola e la presenza di un tessuto industriale altamente tecnologico, la filiera italiana fotovoltaica è molto sviluppata e potrebbe essere conduttrice della transizione energetica italiana. Anche grazie all’avvento di nuove forze di green circular economy, le comunità energetiche, che ben si interfacciano e sono complementari a questa filiera già esistente.
Infatti, la VERA CHIAVE DI SVOLTA della transizione ecologica per l’Italia, che al momento sta passando attraverso l’ottimizzazione dell’energia prodotta e consumata, già avviata dal passaggio della generazione elettrica da grosso concentrato a piccolo distribuito e che ha come base di origine la produzione da impianto fotovoltaico, vedrebbe la sua piena realizzazione proprio nell’abbinata comunità energetiche-impianti fotovoltaici e di accumulo distribuiti. Questo è un virtuoso esempio di circular economy, cioè di un’economia in cui gli sprechi vengono riutilizzati e in cui, in questo caso specifico, viene dato continuo valore e riciclo all’energia prodotta all’interno della comunità, evitando appunto sprechi ed esuberi energetici, che vengono invece ridistribuiti.
LO STUDIO DI ELEMENS PER LEGAMBIENTE
Secondo lo studio redatto per Legambiente da Elemens “Il contributo delle Comunità energetiche alla Decarbonizzazione in Italia: modelli attuali e futuri, stime di potenziale e pillole di benefici”, in un’ipotesi di pieno recepimento della direttiva RED II, le comunità energetiche infatti porterebbe un grande beneficio all’economia italiana perché creerebbero:
13,4 miliardi di € di investimenti in nuova capacità rinnovabile
2,2, miliardi di € di ricaduta economica positiva sulle imprese italiane attive lungo la filiera delle rinnovabili nati dalla costruzione di impianti, O&M e dalla gestione delle comunità energetiche
1,1 miliardi di € al netto delle detrazioni di gettito fiscale IRES/IRAP per le aziende attive nella costruzione e manutenzione di impianti
19.000 addetti solo diretti su impianti fotovoltaici, senza contare quelli attivati dalle comunità energetiche (efficienza e veicoli elettrici)
47,1 tonnellate di emissioni di CO2 evitate al 2030
LE 4 GUIDE PER LA RIPARTENZA ITALIANA
Se si parla di transizione ecologica è necessario fare un accenno al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), forse più noto con il tag Next Generation Fund, formulato come base per il piano di investimenti per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030 e favorire la ripartenza economica post-COVID. In esso, il concetto di economia circolare e sostenibile e di transizione energetica sono due modelli che vengono presi a riferimento per il rilancio economico-produttivo del nostro bel paese.
Il piano di investimento italiano punta alla transizione ecologica come asset inscindibile e prospettiva inevitabile, tanto da riservargli 74,3 miliardi di € di interventi, ovvero il 37,9% del PNRR italiano, che si suddividerà secondo quattro grandi linee guida:
Impresa verde ed economia circolare: 6,3 miliardi di €
Transizione energetica e mobilità locale sostenibile: 18,5 miliardi di €
Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici: 40,1 miliardi di €
Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica: 9,4 miliardi di €
Le comunità energetiche diventeranno sempre di più un legame importante fra le quattro grandi linee guide che costituiranno le basi per il rilancio del nostro Paese, consentendo da una parte la riqualificazione degli edifici e la tutela e valorizzazione del territorio e dall’altra dando un aiuto fondamentale per la mobilità locale sostenibile. Insomma, saranno pilastri fondanti della transizione energetica.
22 Luglio 2020
Energy community: se non ora, quando?
Soffermiamoci un attimo a considerare due parole molto usate nel nostro linguaggio quotidiano che vorrei applicare alla situazione così particolare che oggi stiamo tutti vivendo: urgenza e tempestività.
Il concetto di urgenza è familiare a tutti e credo si applichi anche alla situazione odierna: “condizione di necessità immediata”, che richiede attenzione qui ed ora. Si applica in contesti di crisi, come può essere un incidente o un evento climatico, in ambito ospedaliero, o amministrativo, ma poi si dirama a cascata anche nelle situazioni quotidiane, di dimensione più contenuta o domestica. Forse quest’uso giornaliero della parola l’ha privata di quel senso di inquietudine e rispetto che merita. Anche la situazione climatica ed energetica mondiale è un’urgenza, così come gli interventi necessari per correre ai ripari. Non possiamo pensare che sia solo un modo di dire. Le energy community sono, di fatto, una risposta efficace a questa necessità immediata, quindi un’urgenza. E qui lego la seconda parola: tempestività, intesa come l’agire nel momento più opportuno. Quel momento è ora e bisogna agire con sollecitudine e rapidità, concetti che si legano a uno degli altri significati di urgenza.
Dal Milleproroghe al Superbonus: dov’è la tempestività?
È il momento di agire quindi. La discussione intavolata nel 2019 è giunta a compimento il 1°marzo 2020: le energy community sono il cambiamento del presente, non più un futuro utopico. Finalmente: fatto il fotovoltaico, ora bisogna fare le comunità energetiche. La conversione del Decreto Milleproroghe è stata un momento chiave per la rivoluzione energetica italiana, già in corso anche in altri paesi europei. L’emergenza sanitaria derivante dal coronavirus, arrivata subito a ridosso, come abbiamo già commentato in questo articolo, ha stravolto l’economia e potrebbe aver dato l’impressione di un nuovo ordine di priorità. Ma non è completamente così. Anzi a ben guardare, l’energia, ovviamente quella rinnovabile, rimane in cima a quella lista di interventi necessari e indispensabili, come soluzione fondante anche per rilanciare l’economia e a cui si aggancia tutto il filone di finanziamenti europei, tanto attesi, legati al Green Deal. Non per niente giusto qualche giorno fa il Decreto Rilancio è diventato legge, e con esso anche il Superbonus 110%, e questo è un ottimo passo per rilanciare un settore in crisi come quello edilizio e, al contempo, dare un giro di vite in termini migliorativi, all’efficienza energetica media degli edifici italiani.
Decreto Legislativo Efficienza Energetica: un passo avanti verso gli obiettivi delle Nazioni Unite
Al Superbonus si somma un nuovo tassello: il Decreto Legislativo, di attuazione della direttiva 2018/2002/UE, relativo all’efficienza energetica, che modifica la direttiva 2012/27/UE, nel rispetto dell’accordo di Parigi del 2015.
La direttiva è chiara: il miglioramento dell’efficienza lungo l’intera filiera energetica, a partire dalla generazione, proseguendo poi per trasmissione e distribuzione, arrivando all’uso finale di energia:
creerà un beneficio per l’ambiente, migliorando la qualità dell’aria e, di conseguenza, la salute pubblica, e riducendo le emissioni di gas a effetto serra;
migliorerà la sicurezza energetica riducendo l’importazione di energia;
diminuirà i costi energetici a carico dei consumatori;
determinerà un aumento della competitività, dei posti di lavoro in tutti i settori dell’economia, migliorando in tal modo la qualità della vita dei cittadini.
Questo è ancor più importante da ricordare alla luce delle considerazioni emerse dall’incontro dei Ministri UE dell’energia di metà giugno: dalle indagini preliminari emerge una distanza considerevole tra l’obiettivo UE e il reale livello di efficienza che le misure previste oggi dalle nazioni possono portare. Per saperne di più dovremo aspettare settembre con la valutazione del nostro PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e per il Clima).
Nel frattempo questo Decreto Legislativo fa un passo avanti importante per l’Italia. Innanzitutto conferma l’obbligo di risparmio energetico estendendone la durata fino a dicembre 2030, scadenza per il raggiungimento degli obiettivi europei; estende poi le risorse stanziate per la Riqualificazione della PA e rafforza i diritti dei consumatori operando su misurazione e fatturazione dei consumi energetici con l’obbligo di impiego di contatori intelligenti consultabili da remoto per le letture. Un altro aspetto interessante riguarda la formazione: entro il prossimo anno deve essere predisposto un Programma nazionale di formazione sull’efficienza energetica. Questa azione mira a rendere consapevoli tutti gli attori del mondo energetico, a qualunque livello si trovino e qualunque ruolo ricoprano, pubblico e/o privato. Noi di Regalgrid non possiamo essere più concordi: la consapevolezza è fondamentale.
Milleproroghe: quali azioni successive sono urgenti e necessarie?
L’energia rinnovabile può fare ancora di più. Insieme all’efficienza, può diventare promotore della ripartenza e salvagente del paese per rispettare gli obiettivi delle Nazioni Unite a tema sostenibilità. Ma per farlo deve poter sfruttare il suo pieno potenziale: l’autoconsumo collettivo in comunità. La crescita dell’energia pulita, infatti, è ancora troppo lenta, sebbene la media europea rientri negli standard previsti, e solo l’unione delle agevolazioni del Superbonus con la partenza delle energy community può portare un incremento significativo.
Cosa manca quindi dal Milleproroghe a oggi? A livello propedeutico sono necessarie sicuramente procedure semplici per l’installazione degli impianti fotovoltaici e un aumento degli investimenti per tutte le fonti rinnovabili, come per esempio nei sistemi di accumulo, nella rete di trasmissione e distribuzione.
In merito alle comunità energetiche, manca un aspetto fondamentale: un quadro regolatorio che perimetri le caratteristiche di queste realtà a livello di incentivo per l’autoconsumo, modalità di compensazione, anche per le dinamiche di partecipazione di soggetti diversi, come privati, imprese e PA.
Manca poi una promozione di questo nuovo modello energetico e la formazione necessaria a creare la cultura della condivisione energetica, al pari di quella prevista per l’efficienza.
E poi cos’altro? Partire. Andare oltre le 15 realtà sostenute dall’RSE (Ricerca Servizi Energetici) in questa fase di sperimentazione. Provare, valutare i limiti e le criticità, implementare le eventuali migliorie necessarie. Per aprire le energy community serve pochissimo: rimanere nel perimetro della stessa cabina di trasformazione Bassa Tensione / Media Tensione e non superare i 200 MW nel complesso di generazione fotovoltaica e rispettare la normativa vigente.
Se non ora quando: trasformare l’opportunità in tempestività e preparazione
Eh sì, noi di Regalgrid ci stiamo dando parecchio da fare perché non si può e non si deve più aspettare. Per questo, per avviare concretamente le energy community, abbiamo deciso con urgenza e tempestività di concentrare la nostra attenzione su realtà che possono già partire o beneficiare delle leggi approvate. Vogliamo essere promotori di un servizio chiavi in mano per gli interventi di ristrutturazione edilizia previsti dal Superbonus, offrendo un servizio integrato per l’azienda e il privato, accompagnandoli nella scelta, l’acquisto, l’installazione, l’ottimizzazione dell’impianto fotovoltaico e dell’accumulo, dell’eventuale pompa di calore o colonnina di ricarica per veicoli elettrici. La nostra iniziativa si basa sulla volontà di rendere le persone consapevoli delle enormi opportunità che esistono ora, grazie al recentissimo contesto normativo favorevole per l’investimento in generazione, accumulo, autoconsumo, e ottimizzazione di energia rinnovabile. Partire dalla comprensione approfondita del proprio stile di consumo fino ad arrivare alla partecipazione all’interno di una comunità energetica, significa vivere da protagonisti i cambiamenti del mondo energetico. Abbiamo quindi intrapreso una collaborazione con architetti, studi di progettazione, geometri, imprese e artigiani edili, amministratori di condomini, costruttori e ristrutturatori, specialisti della filiera fotovoltaica, termotecnici, ESCO, istituti di credito e naturalmente utilities, per studiare un progetto su misura per chiunque voglia approfittare di questa occasione. Abitazioni indipendenti, condomini e realtà di social housing, ma anche capannoni di artigiani e commercianti: tutti protagonisti attivi che, con i loro tetti, possono costituire il germoglio di partenza di tante energy community locali, e diventare portavoce del messaggio propositivo di questo nuovo modello energetico, coinvolgendo anche chi non ha o non può installare un impianto fotovoltaico.
Tutto questo perché è nella nostra natura: vivere il presente per creare il futuro che immaginiamo.
14 Luglio 2020
L’artigiano, nuovo promotore di energy community
Essere artigiani al giorno d’oggi è una sfida che si può affrontare da più fronti. Che siate titolari di uno studio di grafica o di un autolavaggio, oppure tatuatori, restauratori, estetisti, o svolgiate una delle molte altre professioni comprese nel registro delle imprese artigiane, la vostra sfida abbraccia anche una sfera a cui forse finora non avete pensato: quella energetica e, nello specifico, quella delle energy community.
Certo, probabilmente non sarà il vostro primo pensiero in questo periodo di profondo cambiamento. Sicuramente tutte le imprese artigiane, in particolar modo quelle che necessitano di un’apertura al pubblico, in questi mesi stanno cercando di rendere le nuove norme sanitarie parte della quotidianità, in modo puntuale ma non invadente. Distanziamento tra i dipendenti, misure di protezione personale, barriere alle casse, amministrazioni e front-office, percorsi di entrata e di uscita: questa è diventata la conditio sine qua non per poter tenere aperta la propria attività dal confinamento per il coronavirus in poi.
Una sfida condivisa da tutte le aziende è anche quella economica: come rientrare degli incassi mancati del primo semestre del 2020? Anche per chi ha continuato a lavorare durante la quarantena, a eccezione della filiera sanitaria, i profitti sono stati brutalmente ridotti da un implacabile effetto domino che ha coinvolto in modo trasversale tutto il mercato. C’è chi non vende e chi non viene pagato. Ancora più di prima. E questo è un nodo difficile da sciogliere, anche se nulla è impossibile. Ma in questo caso trovare la giusta strada richiede il raggiungimento di un delicato equilibrio tra entrate e uscite. Un equilibrio minato dalla ghigliottina dei costi fissi.
Ma perché ne parliamo qui? Perché l’energia è un costo fisso, sebbene abbia anche una componente variabile a seconda del tipo di attività. L’artigianato, cuore pulsante del nostro tessuto imprenditoriale, diventa quindi un elemento fondamentale anche della rivoluzione energetica. Come? La risposta è lapalissiana: la potete leggere nel titolo.
Ma andiamo per passi.
Perché il fotovoltaico per gli artigiani?
La vera domanda è: perché no? I vantaggi sono visibili a 360°, dal risparmio economico, al contributo positivo per l’ambiente.
Riduzione dell’impatto ambientale
L’aspetto più evidente è proprio la riduzione dell’impatto ambientale della vostra attività, che vi permetterà anche di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in tema di consumo di energia da fonti rinnovabili, dando il buon esempio alle altre imprese nel vostro contesto territoriale, ma anche ai vostri dipendenti e clienti. La scelta del passaggio alle FER, infatti, è sempre più apprezzata per l’aumento della sensibilità a tema ambientale e questo comporta un ritorno d’immagine positivo per il vostro business.
Agevolazioni statali per le PMI
Un altro aspetto focale e intuitivo riguarda il risparmio economico: il fotovoltaico è conveniente in primis grazie alle agevolazioni disposte per le imprese. Le attuali normative favoriscono l’installazione di impianti fotovoltaici in modo deciso, per promuovere la ripartenza e un approccio più sostenibile ai consumi allineato al Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) e al Clean Energy Package europeo. Potrete quindi beneficiare di incentivi che ridurranno il carico della spesa iniziale, dal credito d’imposta al 6%, utilizzabile in compensazione nell’arco di 5 anni, alla “Nuova Disciplina Beni Strumentali“, anche nota come Nuova Sabatini, il contributo sui finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature per le piccole e medie imprese, tra cui rientrano anche gli impianti fotovoltaici.
Riduzione della bolletta
Come dicevamo l’energia è una spesa fissa per un’impresa: passare al fotovoltaico significa produrre l’energia che si consuma arrivando a una quota di autoconsumo anche pari al 60%, con l’ausilio di sistemi di accumulo; potrete così tagliare l’importo in bolletta grazie alla riduzione sostanziale del costo dell’energia, che per le micro-imprese italiane è drasticamente alto in confronto alle piccole, medie e grandi imprese, ma anche rispetto agli standard europei.
Questo vantaggio è il più immediato e visibile, sebbene in un primo momento compenserà la spesa dell’impianto.
Valorizzazione dell’energia in eccesso
Dobbiamo poi considerare l’energia non consumata che viene valorizzata dai servizi del GSE come lo Scambio sul Posto, per impianti di potenza inferiore a 500kW.
Ma, in merito all’energia non autoconsumata istantaneamente, la soluzione accessibile a tutti gli artigiani allacciati alla Bassa Tensione è un’altra, quella di cui siamo fieri promotori perché costituisce il futuro del settore energetico: le energy community.
Perché gli artigiani dovrebbero far parte di una energy community?
Perché le energy community sono l’emblema della sostenibilità, quella vera e completa, ossia ambientale, sociale ed economica, che porta vantaggio a tutte le parti coinvolte. In altre parole, far parte di una comunità energetica, insieme a utenze residenziali e altre commerciali, amplifica i benefici che abbiamo visto poco sopra. La partecipazione a una comunità attraverso lo SNOCU permette anche una profonda conoscenza dei vostri consumi e abitudini, il cosiddetto profilo energetico che va a bilanciarsi con quello degli altri membri grazie all’algoritmo della piattaforma Regalgrid. Nello specifico caso degli artigiani, essere produttori, consumatori e accumulatori di energia pulita all’interno di una Energy Community – figure che noi chiamiamo proconstomer – significa assumere un ruolo molto completo che aiuta l’equilibrio della comunità, dandovi comunque e sempre la possibilità di ridurre i costi fissi dell’energia e decurtare ancor di più la vostra bolletta, ma anche ridurre gli sprechi dovuti al trasporto energetico, mantenendo l’energia all’interno dei confini della stessa cabina di trasformazione MT/BT.
Senza contare che questa nuova forma di autoconsumo collettivo e distribuito è un modello energetico decentralizzato che sostiene la rete di utenze collegate tra loro anche in caso di crisi energetiche.
Sicuramente i vantaggi per un artigiano sono, per molti versi e sommi capi, molto simili a quelli delle utenze domestiche, ma c’è sicuramente una differenza sostanziale. Gli artigiani sono dei punti sinergici di connessione nella società, hanno reti di contatti molto vaste e sono una di quelle categorie a cui le persone si affidano per essere guidate e consigliate. Gli artigiani hanno quindi quella forza necessaria per diventare promotori di questa rivoluzione energetica, semplicemente raccontando alle persone dei benefici che a tutti gli effetti ottengono grazie all’energia pulita condivisa grazie alle energy community. La rivoluzione dell’energia digitale e condivisa è qui: non serve gridarlo dai tetti, ma dalla porta della vostra bottega.
27 Giugno 2020
Il Condominio fra Autoconsumo e Comunità Energetica
Abitare in un condominio non è tutto rose e fiori. Certo, può dare diversi vantaggi a seconda dei casi, ma, al tempo stesso, condividere con altre persone può non essere facile: spazi comuni, manutenzione, spese condominiali, responsabilità. Ma oggi sarete contenti di dover sopportare gioie e dolori della vita in condominio, perché il mondo dell’energia ha bisogno di voi e vi offre grandi possibilità. È infatti arrivato il momento di chiedervi non solo cosa il mondo dell’energia possa fare per voi in termini di consumi e risparmio, ma cosa voi possiate fare nel mondo dell’energia, con scelte consapevoli, sostenibili e di comunità.
In questo periodo di rivoluzione energetica, i condomìni sono come una principessa che tutti vorrebbero invitare al ballo, perché investire nell’efficienza e nell’autonomia energetica di abitazioni ripartite sembra essere a tutti gli effetti il punto di svolta per contribuire agli obiettivi di sostenibilità nazionali.
Le normative in merito stanno infatti prendendo forma per recepire completamente la direttiva europea RED II entro il 2021 (se vi interessa approfondire ne abbiamo parlato in questo articolo sulle Energy Community) e agevolare così gli interventi a tema sostenibilità ambientale oltre che il consumo condiviso di energia autoprodotta.
Ma perché proprio i condomini?
Il ruolo dei condomìni nella rivoluzione energetica
La forza dei grandi numeri
Chi vive in un appartamento o amministra un edificio con più unità abitative forse non è ancora consapevole del ruolo fondamentale che può svolgere nella rivoluzione dell’energia. Innanzitutto si tratta di una questione di numeri: questa tipologia di abitazione ha una grande diffusione in Italia, ma anche in Europa.
Secondo gli ultimi dati Eurostat in Italia dal 2010 più della metà della popolazione ha vissuto in appartamento: precisamente, nel 2018 la percentuale era del 52,6%. Ma i Paesi europei in cui gli appartamenti sono stati particolarmente gettonati nell’ultimo decennio sono stati la Lettonia, con il 66,2% a vivere in condomìni, la Spagna (64,9%), la Svizzera (62,5%) e l’Estonia, con il 61,5%. Un trend, questo, nettamente superiore alla media europea, che nello stesso anno si attestava in ogni caso al 41,9% (EU28, 2013-2020).
Riuscire a coinvolgere questo quantitativo di abitazioni residenziali in una progressiva crescita del risparmio energetico e dell’utilizzo delle energie rinnovabili condurrebbe a un salto in avanti significativo, non solo in Italia, ma anche in Europa, nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite.
Efficienza energetica in condominio
Il secondo punto di cui parlare è l’efficienza energetica: il nuovo Decreto Rilancio vi dà la possibilità, che siate condomini o amministratori, di perorare la causa dell’efficientamento energetico della struttura con argomentazioni inoppugnabili, come l’agevolazione fiscale al 110%, con possibilità di cessione del credito. Questa manovra senza dubbio crea una breccia nelle resistenze di chi è scettico o poco consapevole dell’importanza che può avere un’abitazione con un’alta classe energetica o di un sistema fotovoltaico. Potete infatti proporre all’assemblea due vantaggi al prezzo di uno, anzi, di zero, vista l’aliquota del 110%: oltre a rendere l’edificio più efficiente, potete anche installare un impianto fotovoltaico condominiale, comprensivo di sistema di accumulo, godendo delle stesse agevolazioni. In sostanza lo Stato vi regala un upgrade per la vostra casa a tema efficienza e sostenibilità. Mica poco.
Se desiderate saperne di più ecco il nostro articolo sul Superbonus del Decreto Rilancio.
Il fotovoltaico condominiale per l’autoconsumo collettivo
Il terzo fattore da non trascurare è la possibilità dell’autoconsumo collettivo in condominio, lanciata con il D.L. Milleproproghe convertito in legge il 1° marzo. Potete quindi cogliere l’opportunità offerta dal Decreto Rilancio per lanciarvi in una nuova sfida: sfruttare l’impianto fotovoltaico non solo per i consumi degli spazi condivisi o per alimentare un sistema termico centralizzato, ma anche per tutte le singole unità.
Infatti, fino a febbraio di quest’anno, secondo la Riforma del Condominio del 2013, l’uso di un impianto condominiale era possibile solo per alimentare gli spazi condivisi. In alternativa, ogni condomino avrebbe dovuto installare un suo impianto individuale, in uno spazio personale o anche condiviso – con l’approvazione dell’assemblea condominiale, qualora il volume eccedesse dei millesimi spettanti. Ma non sempre era fattibile installare un sistema fotovoltaico dimensionato correttamente per l’unità abitativa lasciando poi la stessa opportunità a tutti gli altri condomini. Ma dal 1° marzo 2020 le cose sono cambiate, con l’introduzione della possibilità di autoconsumo collettivo di energia proveniente da un unico impianto, che elimina i problemi di spazi e di proprietà. Una soluzione che diventa ancora più conveniente con l’abbinamento di un sistema di accumulo.
Ma qual è la vera sfida? Convincere almeno metà dell’assemblea condominiale riunita della necessità di contribuire al benessere del pianeta con l’installazione del fotovoltaico con accumulo. Ecco un’altra leva su cui potete fare forza, oltre a quella della gratuità dell’intervento: consumare energia pulita vi dà l’opportunità di avere un impatto positivo sull’ambiente, riducendo l’inquinamento e dando il vostro contributo al raggiungimento degli obiettivi nazionali, ma coincide anche con un vantaggio personale concretizzato nel risparmio economico in bolletta.
I condomìni come trampolino di lancio per le Energy Community
Le abitazioni condominiali sono quindi la soluzione perfetta per condividere energia pulita tra utenze, o POD, differenti. Come mai? Sicuramente un fattore determinate è che l’autoconsumo collettivo avviene ancor prima che l’elettricità entri nella rete nazionale di bassa tensione, elemento che elimina delle variabili complesse in questa fase di test delle Energy Community. Far funzionare senza inefficienze un sistema chiuso è il primo passo per ottimizzare anche la condivisione in bassa tensione. Per questo l’RSE, l’Istituto di Ricerca sul Sistema Energetico collegato al GSE, ha selezionato alcuni progetti pilota di autoconsumo collettivo, con lo scopo di analizzare costi e benefici a livello energetico, ambientale, sociale ed economico e individuare possibili barriere tecniche, normative, amministrative per ottimizzare lo sviluppo di queste realtà.
Magari vi state chiedendo se potete partire ora con un progetto simile. E vi starete interrogando se sia possibile stabilire come ripartire l’energia autoprodotta tra i vari condomini? La risposta a entrambe le domande è: certamente. Il vero quesito è: come. La soluzione più intuitiva potrebbe sembrarvi quella di suddividere in millesimi l’energia e dividerla equamente tra tutte le utenze. Questo però non risponde alla diversità di esigenze energetiche che nasce dai differenti profili di consumo che coabitano in un condominio. Per un’autonomia dell’ecosistema è necessario fornire energia alle utenze nel momento in cui ne hanno bisogno, tenerne traccia e gestire le quote cedute e consumate da ogni utenza.
In effetti non è semplice, ma è proprio qui che viene in vostro aiuto Regalgrid. La nostra piattaforma può svolgere esattamente questo compito di manager digitale dell’energia, grazie al rilevamento in tempo reale dei flussi di energia attraverso gli SNOCU, gateway tipicamente corredati di smart meter che controllano le singole utenze, l’impianto fotovoltaico e il sistema di accumulo. Volete sapere come si realizza concretamente? Ogni condomino avrà uno SNOCU consumer allacciato in prossimità del proprio contatore, unitamente a un unico SNOCU storage, che controllerà tutto l’ecosistema fotovoltaico più accumulo e parlerà con la piattaforma in tempo reale. Il condominio a quel punto sarà visto dalla piattaforma Regalgrid® come una comunità che condivide la generazione locale e l’accumulo di energia pur mantenendo il tracciamento di dove questa energia viene consumata e indirizzata se in eccesso o in difetto (cioè data o ricevuta dalla rete esterna). L’amministratore di condominio può essere anche quello di comunità energetica (ma non necessariamente) e avrà la possibilità di monitorare, grazie a un accesso dedicato, il funzionamento del sistema. Ogni singolo condomino avrà poi il suo accesso personale per controllare la propria utenza e le prestazioni energetiche complessive della comunità a cui appartiene.
Con l’aiuto di Regalgrid potrete quindi condividere i benefici derivanti da una ottimizzazione dei flussi energetici, il risparmio economico e il basso impatto sull’ambiente: un bene comune che coincide con quello del singolo individuo, un bene sostenibile come l’energia solare.
6 Maggio 2020
Comunità Energetiche in Italia: normativa e scenari futuri
Le smart community rappresentano un cambio di paradigma e, se vogliamo, di mentalità, in cui la “digitalizzazione del tutto” va abbracciata, accolta e capita. Il mondo dell’energia non fa eccezione e il mercato italiano ha le potenzialità per essere all’avanguardia in questo settore. Per questo Regalgrid lavora da anni allo sviluppo della tecnologia fondamentale ad abilitare questa grande innovazione delle comunità energetiche. E ora che la normativa apre le porte all’autoconsumo collettivo e condiviso, è più che pronta a supportare questo cambiamento epocale.
L’Italia è smart
Anticipati gli smart meter di almeno un decennio rispetto al resto del mondo, il nostro paese si è aperto alla produzione di energia rinnovabile, accogliendo tutte le richieste dell’Unione Europea. Ora, con la firma sul Decreto Milleproroghe ancora fresca, di inizio marzo 2020, non può che parlare delle smart community, come sinonimo di comunità energetiche, per promuoverle come modello energetico sostenibile.
Abbiamo già chiarito cosa sia una comunità energetica: un insieme di persone che fanno energy sharing grazie a una smart grid. Le caratteristiche fondamentali di una comunità simile sono la relazione peer to peer o molti-a-molti tra i membri della community e il desiderio comune di autoconsumare e condividere energia proveniente da fonti rinnovabili disponibili localmente.
Il bello di questa innovazione è il suo DNA, fatto di sostenibilità a 360°: ambientale, economico e sociale. Vediamo come.
Cosa dice la normativa italiana sulle comunità energetiche
Il Decreto Milleproroghe concretizza in Italia alcune delle indicazioni della Direttiva Europea “Renewable Energy Directive” (RED II), precisamente quelle all’articolo 42bis, che definisce giuridicamente le comunità energetiche. Il Decreto italiano stabilisce la possibilità di creare comunità che scambino energia al fine dell’autoconsumo collettivo, sia istantaneo che differito.
L’obiettivo di tale autoconsumo non è il profitto, bensì il beneficio di tutti a livello economico, sociale e ambientale. Questo sottolinea l’importanza del sentimento di collettività, in cui ognuno fa la sua parte per il bene di tutti che coincide anche con il vantaggio del singolo. Il guadagno dalla vendita dell’energia non deve quindi essere la prima fonte di reddito. Il senso di comunità elimina l’avidità.
A queste comunità può partecipare chiunque consumi energia, a prescindere dal fatto che possegga un impianto fotovoltaico, un sistema di accumulo o che sia un semplice sostenitore dell’energia pulita. Le due forme di aggregazione per l’autoconsumo collettivo sono le energy community (many-to-many) e i gruppi di autoconsumatori che vivono nello stesso edificio o condominio (one-to-many). Ecco che l’accessibilità introduce l’equità.
Gli accordi per la vendita di energia sono vincolati da contratti di natura privata: la maturità porta in tavola l’onestà e il rispetto.
Lo scambio di energia deve avvenire attraverso la rete di distribuzione esistente: l’utility rinnova la sua utilità ai consumatori.
Al momento le comunità energetiche in Italia si possono costituire solo a valle della stessa cabina di trasformazione MT/BT, per impianti singoli con potenza inferiore ai 100kW e nell’insieme non superiore a 200KW, attivati successivamente al 1°marzo 2020, data dell’entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto. In futuro però questo modello si estenderà, con maggiori possibilità per tutti di far parte di questa rivoluzione energetica. In ogni caso, questo periodo di rodaggio nella rete di bassa tensione permetterà alle persone fuori dal settore, i consumatori puri e finali di energia, di apprezzare il beneficio di questo nuovo paradigma. Per la pubblica amministrazione e il Gestore sarà invece un periodo di test per valutarne il funzionamento e la successiva implementazione.
Un progetto con dei limiti, ma lungimirante, simbolo dell’intreccio virtuoso tra energia e tecnologia, tra innovazione e visione.
Scenari futuri delle Comunità Energetiche in Italia
Per guardare al futuro dobbiamo prima guardare al passato. Prima dell’entrata in vigore del Decreto Milleproroghe, ci sono stati casi di avanguardie locali nell’ambito delle comunità energetiche, come il caso della regione Piemonte, la prima a dotarsi di una legge sull’argomento, la Legge Regionale n.12 del 03.08.2018 “Promozione dell’istituzione delle comunità energetiche”.
Questa legge diede il mandato ad esplorare che possibilità sarebbero potute nascere per persone, enti e imprese di scambiare energia autoprodotta con fonti rinnovabili, costituendo una comunità energetica. L’anno successivo è uscito il bando per candidarsi. Le condizioni per essere considerati idonei riguardavano la numerosità di soggetti coinvolti, il volume produttivo e di consumo del gruppo. Il Piemonte non aspettava altro che una legge nazionale per meglio regolamentare la dimensione delle energy community.
Allo stesso modo, anche la regione Sardegna ha cominciato attivamente a promuovere tramite diversi bandi la realizzazione di aggregazioni e comunità energetiche, anche attraverso l’incentivo alla ricerca e sviluppo sperimentale di nuovi servizi nel settore delle smart grid.
Questi sono solo alcuni esempi per dimostrare la spinta virtuosa e propositiva che freme nel nostro paese per le comunità energetiche. Regalgrid è il primo sostenitore dei nuovi progetti che stanno prendendo il via in diverse aree d’Italia: dalle energy community residenziali ai condomini smart, dalle microgrid private fino a quelle a servizio della Pubblica Amministrazione e molte altre forme di adesione. E questo è possibile proprio grazie alla piattaforma brevettata di gestione della Digital Energy che grazie agli SNOCU Regalgrid, i gateway che abilitano qualsiasi tipo di impianto previsto dalla normativa italiana a creare una rete per la condivisione di energia con altri utenti, monitorano il funzionamento della smart grid e, grazie agli algoritmi proprietari, analizzano ed elaborano i dati in tempo reale per restituirli poi ai membri della comunità e ai suoi amministratori.
L’anteprima dei dati del Report dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che verrà presentato a luglio 2020, è incoraggiante.
Le smart community, porterebbero vantaggio non solo ai membri coinvolti, ma anche al sistema distributivo elettrico, per il contributo all’innovazione dell’infrastruttura riduzione dei costi di gestione che potrebbe essere compresa tra il 10 e il 30% annui rispetto alle spese sostenute oggi: il risparmio effettivo oscillerebbe tra i 300 milioni e il miliardo di euro all’anno.
Le comunità energetiche inoltre racchiudono il potenziale della riduzione della dipendenza energetica da paesi esteri di 1/6, per il valore di circa 10 miliardi di euro all’anno. Senza contare che lo sviluppo di filiere produttive nazionali per i dispositivi necessari all’abilitazione delle comunità aprirebbe un mercato del valore compreso tra i 10 e i 40 miliardi di euro entro il 2030.
I numeri delle comunità attuali sono veramente bassi e si configurano per lo più come situazioni sperimentali. Ma nei prossimi 10 anni è ipotizzabile uno scenario compreso tra 25.000 e 100.000 comunità energetiche che produrrebbero un mercato stimato tra i 50 e i 160 miliardi di euro.
Nello scenario più cauto, The European House Ambrosetti stima una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 3,6 milioni di tonnellate di petrolio.
8 Marzo 2020
Comunità Energetiche: cosa sono e come parteciparvi
L’energia proveniente da FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) è sempre più accessibile grazie allo sviluppo delle tecnologie produttive che ne abbattono i limiti intrinseci. Una prima soluzione è stata l’introduzione dei sistemi di accumulo da collegare ai propri impianti fotovoltaici, che permette di consumare l’energia al bisogno, minimizzandone l’incostanza nella produzione a seconda delle fasce orarie o delle zone geografiche.
Ma la vera soluzione, che massimizza lo sfruttamento dell’energia prodotta da pannelli solari, sono proprio le Comunità Energetiche (o Energy Community), che potranno diventare una realtà anche in Italia, secondo le disposizioni introdotte dal decreto Milleproroghe all’art.42bis.
Ma cosa sono e come si può partecipare alle comunità energetiche?
Cos’è una Comunità Energetica
Una Comunità Energetica (o Energy Community) è un insieme di persone che condividono energia rinnovabile e pulita, in uno scambio tra pari. Le comunità energetiche rappresentano quindi un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Questo modello fonda i suoi valori sulla lotta allo spreco energetico e sulla condivisione di un bene fondamentale a un prezzo concorrenziale, grazie all’innovazione che sta rivoluzionando il mercato dell’energia.
Per spiegare meglio queste Smart Community bisogna prima ricordare il concetto di Smart Grid. La rete elettrica sta subendo una metamorfosi che tutti hanno sperimentato in altri ambiti della quotidianità: la digitalizzazione. Il mondo digitale, come quello del web, permette una connessione a nodi, peer to peer. Si è passati quindi da una rete fisica centralizzata, con delle trasmissioni one-to-many (il gestore elettrico che fornisce energia alle case), a una rete digitale decentralizzata, con collegamenti one-to-one e many-to-many. Questa rete è intelligente nella misura in cui incorpora, oltre ai necessari sensori di misura, i complessi algoritmi dell’intelligenza artificiale permettendo la partecipazione attiva anche del singolo cittadino.
Come? Attraverso la Smart Grid, grazie alla quale ognuno può diventare parte di una comunità energetica: chi possiede un impianto fotovoltaico connesso in rete (ed è quindi un prosumer) può condividere con altri consumer la sua energia in eccesso. Chiunque può far parte di una di queste comunità che condividono energia pulita, abbattendo così gli sprechi energetici, le bollette e la propria impronta di carbonio.
In questa pagina trovate degli esempi di comunità energetica.
I membri di una Comunità Energetica
Quali sono le caratteristiche necessarie per far parte di una Energy Community?
Sia che abitiate in un condominio o in una casa singola o abbinata, se volete essere parte attiva della rivoluzione energetica, vi servirà un impianto fotovoltaico con accumulo. Altrimenti potete essere parte del cambiamento energetico da semplici consumer: tutto ciò che vi serve è una buona dose di consapevolezza, un controller come lo SNOCU di Regalgrid e l’accesso a una piattaforma digitale che gestisce le Comunità Energetiche, come Regalgrid.
Le Energy Community in Europa: la direttiva RED II
Il Decreto Milleproroghe recepisce l’adeguamento italiano alla Direttiva Europea n.2001 del 11/12/2018 in quanto a Fonti Energetiche Rinnovabili. La Direttiva UE, detta anche RED II, è il risultato di un movimento energetico a livello europeo, e prevede tra le varie norme in materia di sostenibilità energetica anche il sostegno finanziario alla produzione e l’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. La Direttiva vede l’energia proveniente da FER come indispensabile per un mercato dell’energia equo e sostenibile, basato su economia circolare, che promuova l’innovazione tecnologica e porti al contempo benefici ambientali, sociali, sanitari ed economici.
Le Energy Community sono rappresentate come una realtà presente e necessaria anche allo stimolo alla produzione e al consumo di energia rinnovabile. Queste realtà sono infatti già diffuse e consolidate in altri paesi europei, come Regno Unito, Spagna, Grecia, Francia e Germania. La loro crescita è agevolata da sistemi efficaci di finanziamento e di incentivi, un quadro normativo chiaro e una sensibilizzazione dei cittadini in materia.
Il RED II prevede inoltre la concessione di diritti agli autoconsumatori che agiscono aderendo alle comunità energetiche e vede questa forma di aggregazione come un’opportunità anche per i semplici consumatori, grazie alla riduzione dei consumi e al taglio delle tariffe che ne consegue.
Le Comunità Energetiche in Italia: il Decreto Milleproroghe
Il D.L. Milleproroghe si esprime in merito alla Direttiva RED II all’articolo 42bis, consentendo la realizzazione di comunità energetiche che rispettino determinate condizioni.
Obiettivo
Innanzitutto, l’obiettivo primario della creazione delle Energy Community deve essere quello di fornire benefìci ambientali, economici o sociali alla comunità stessa e all’area locale in cui questa opera. Questa comunità non deve quindi tendere a profitti economici: l’autoconsumo collettivo di energia non deve essere la principale fonte di reddito di chi cede l’energia (i cosiddetti prosumer e proconstomer).
Accesso
La partecipazione a tali comunità deve essere aperta a tutti, anche a chi non è in possesso di un impianto (i cosiddetti consumer), purché i punti di immissione e prelievo siano ubicati su reti elettriche sottese alla stessa cabina di trasformazione Media/Bassa Tensione.
Impianti
I prosumer che condividono l’energia da FER, devono produrla con impianti di potenza complessiva inferiore a 200kW, attivati successivamente all’entrata in vigore del D.L. Milleproroghe e quindi connessi alla rete successivamente al 1° marzo 2020. La condivisione deve avvenire attraverso la rete distributiva esistente con lo scopo dell’autoconsumo istantaneo anche con l’ausilio di sistemi di accumulo.
Contratto
I rapporti di condivisione devono essere regolati attraverso un contratto di diritto privato. I consumer possono decidere in qualsiasi momento di lasciare la comunità energetica, onorando i contratti concordati precedentemente con i prosumer.
L’impatto delle Comunità Energetiche in Italia
Cosa succederà quando le Energy Community si diffonderanno capillarmente anche in Italia?
Lo scenario base previsto da The European House Ambrosetti con una penetrazione del 5% delle 500mila Comunità Energetiche potenziali (su stime del Politecnico di Milano), prevede una riduzione delle emissioni di CO2 di 3,6 milioni di tonnellate. Per i membri delle Energy Community il beneficio economico complessivo potrebbe essere di 2 miliardi € all’anno, considerando i ricavi dell’energia immessa, il risparmio sull’acquisto al netto dell’investimento tecnologico iniziale.
Per approfondire abbiamo parlato di normativa e scenari futuri delle comunità energetiche in Italia in un altro articolo, non perdertelo!
Come entrare in una Comunità Energetica?
Sei curioso di approfondire le possibilità di questa rivoluzione energetica e vuoi capire come puoi entrare realmente in una comunità energetica?
È facilissimo: con un dispositivo SNOCU associato alla piattaforma RegalGrid predisposta alle energy community non ti serve molto altro per iniziare a scambiare energia. Scopri maggiori dettagli nella nostra pagina dedicata a come entrare in una comunità energetica.
7 Novembre 2018
La diffusione delle Energy Community nel mondo
Le energy community sono arrivate anche in Italia grazie al Decreto Milleproroghe, che anticipa il recepimento completo della Direttiva Europea del 2018, il quale dovrà avvenire entro giugno 2021. Ma l’interesse per le fonti rinnovabili a livello globale nasce con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il documento sottoscritto dai Capi di Stato di tutto il mondo nel 2015, e va di pari passo con la diffusione delle smart grid. Vediamo in che modo ci si sta muovendo a livello globale sul tema delle energy community.
Le smart community in Europa
Gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile del Summit sono stati integrati nelle priorità dell’Unione Europea grazie al Clean Energy Package del 2016, ampliato negli anni successivi da nuove direttive. Nello specifico, l’obiettivo sull’energia pulita e accessibile per tutti prevede l’aumento della fornitura proveniente da FER in modo significativo, oggetto della Direttiva 2018/2001. La direttiva stabilisce che nel 2030 la quota di energia verde sul computo finale lordo dell’Unione Europea dovrà essere almeno del 32%, per cui ogni stato entro il 1° gennaio 2021 deve raggiungere la soglia calcolata ad hoc. Quella dell’Italia è il 17%, percentuale raggiunta dal nostro paese nel 2014 e sorpassata con i 20,12 GW prodotti nel 2018, secondo i dati dell’IRENA (International Renewable Energy Agency).
Ma già nel 2014 il Consiglio Europeo, nelle conclusioni sul «Quadro 2030 per le politiche dell’energia e del clima», parlava dell’importanza dell’interconnessione del mercato dell’energia. La Direttiva 2018/2001 parla inoltre di autoconsumo collettivo come soluzione per aumentare la produzione di energia green e rispondere agli obiettivi dell’Agenda 2030.
La Spagna è stata la prima, dall’approvazione della Direttiva Europea 2018/2001, a introdurre la possibilità di autoconsumo collettivo, in quello stesso anno, con il regio decreto legge 15/2018 seguita dalla normativa sulle Energy Community in Grecia (Law 4513/2018). Questo ha aperto la strada alla possibilità di condividere energia senza la necessità di una rete di distribuzione privata.
Ma nel nord Europa ci sono già da tempo esempi virtuosi di quella che in inglese viene definita “community energy”: progetti di energia condivisa che sono interamente o parzialmente posseduti o controllati da gruppi comunitari, comprese le cooperative energetiche. I membri delle comunità possono avere un diverso grado di coinvolgimento nel progetto (dalla produzione, all’immagazzinamento, alla gestione dell’energia). Ma una costante di questi progetti è il coinvolgimento delle utilities per l’utilizzo delle infrastrutture della rete di distribuzione.
L’energia rinnovabile condivisa in Danimarca
La Danimarca per esempio è un modello di investimento collettivo nel rinnovabile dal 1970. Questa avanguardia ha portato nel 2002 al 40% delle turbine installate di proprietà delle community e nel 2013 questa percentuale è arrivata all’80%: il tasso di capacità energetica da FER della Danimarca è arrivato così a essere uno dei più alti al mondo. Il governo federale si occupa delle questioni legate all’energia e di definire gli accordi con le utilities per la connessione alla rete. Ma queste società non sono solo partner, bensì anche co-proprietarie di questi progetti. Dal 2009 infatti la “Danish Renewable Energy Act” ha ridotto la quota riservata alle cooperative al 20% per i nuovi progetti di produzione di energia eolica.
Dal 2012 la Danimarca si è approcciata in modo sostanziale anche al fotovoltaico, che nel 2018 provvedeva al 2.8% del fabbisogno energetico con l’aspettativa di arrivare a 1000MW per quest’anno.
Il boom del fotovoltaico in Germania grazie alle energy community
La Germania ha puntato sin dai primi anni ’90 su diversi progetti di energia solare di proprietà comunitaria per arrivare al 2014 con il 50% di produzione fotovoltaica di proprietà delle community.
Un caso particolare di cui si parla nell’ “Erneuerbare Energien Gesetz” è l’autoconsumo collettivo condominiale, in cui l’energia prodotta e consumata all’interno dell’edificio non passa per la rete pubblica, senza debito di oneri di sistema al gestore.
Nel 2015 sono state stimate 973 cooperative energetiche per la produzione di energie rinnovabili, principalmente dal fotovoltaico. Anche in questo caso il governo federale media e regola gli accordi di collaborazione tra i produttori e le società di servizi. Nel 2018 sono stati prodotti 45.9GW collocando la Federazione tedesca non solo tra i leader in Europa, ma nella top 5 mondiale.
La crescita della community energy nel Regno Unito
Il Regno Unito nel 2018 aveva una capacità produttiva di energia solare di 13,1 GW risultando una delle principali nazioni produttive nel settore delle FER, sia a livello europeo che mondiale. La gestione di questa energia pulita si è legata alle iniziative di energia condivisa a partire dagli ultimi anni del XX secolo. Nel nuovo millennio è stato possibile stimare circa 300 community attive nella produzione di una forma di energia rinnovabile. Nel 2009 le community possedevano il 4% dei pannelli installati e oggi l’80% dei progetti di energia condivisa sono di fotovoltaico. Nel 2017 il Regno Unito ha prodotto più energia da fonti rinnovabili che da gas e carbone, per un 33% dell’energia totale generata rispetto al 29% dell’anno precedente. I cambiamenti di normative e regolazioni stanno cambiando il futuro di molti progetti che dovranno trovare un nuovo modello di business, attività e sostenitori per continuare a esistere.
Tutta l’Europa verso l’autoconsumo collettivo
Anche in altri stati europei sta aumentando il consumo di energia proveniente da FER, proprio grazie ai quadri normativi in materia di energy community.
La Francia nel suo “Code de l’énergie” definisce l’“autoconsumatore collettivo” come un insieme di consumatori e produttori che si organizzano in una sola persona giuridica per effettuare operazioni di autoconsumo all’interno della stessa cabina di trasformazione MT/BT. Il responsabile del gruppo di consumo comunica al gestore la suddivisione dell’energia.
In Svizzera la legge federale concretizza la possibilità di autoconsumo collettivo negli RCP (Raggruppamento per il consumo proprio), comunità formate da più prosumer e consumer che si uniscono per condividere l’energia autoprodotta senza utilizzare la rete pubblica. L’RCP è responsabile della manutenzione delle reti private, della distribuzione e misurazione dell’energia.
Il “community solar” negli USA
Il solare sta continuando a crescere anche in questo paese: nel 2018 gli USA hanno prodotto 51,45GW collocandosi sul podio mondiale, e nel 2019 ha conteggiato il 40% della capacità energetica da FER, la più alta quota annuale nella storia di questo settore industriale.
Negli USA la regolamentazione in ambito energetico è in gran parte in mano ai singoli stati. L’aspetto positivo di questa configurazione è che il sistema è già decentralizzato. Gli stati più all’avanguardia applicano la legislazione CCA – Community Choice Aggregation, anche detta aggregazione municipale, cioè la possibilità per le singole città o contee di decidere a chi affidarsi per il rifornimento di energia. Questi stati illuminati, tra cui California, New York e Minnesota, stanno sperimentando dal 2019 un boom in quello che definiscono “community solar” o anche giardini solari. Ci sono comunità di questo tipo in circa 42 stati ma solo 20 di questi hanno una legislazione che permette a queste realtà di raggiungere un’economia di scala.
Questo modello di solare condiviso ha lo scopo di permettere a tutti i membri di condividere i benefici dell’energia fotovoltaica a livello locale, anche a chi, per mancanza di spazio o per questioni economiche, non può o preferisce non installare impianti di sua unica proprietà.
Australia: l’espansione delle smart community
Anche in Australia le energie rinnovabili stanno trovando sempre più spazio e l’isola ha avuto una capacità produttiva di 10,3 GW nel 2018. Anche in questo caso si sono diffusi i progetti di “community energy”, come nell’U.K., in particolar modo lungo le coste e nelle zone meno servite dalla rete centrale. Nel 2006 questo concetto era solo astratto e in meno di 10 anni sono partiti 19 progetti operativi e circa altri 59 in fase di sviluppo. Oggi si contano oltre 100 comunità energetiche diffuse in tutto il paese. Attualmente l’ARENA (Australian Renewable Energy Agency) ha stanziato fondi per un valore di 330 mila $ a sostegno dei programmi a favore dell’energia condivisa in tutto lo stato. Questi programmi saranno ancora più preziosi per contribuire a trovare una soluzione per la stabilità della fornitura elettrica, messa in crisi negli ultimi anni da eventi come i tornado del 2016.
Tutto il mondo quindi si sta muovendo per l’appuntamento con le digital energy community, ogni paese con la propria storia e cultura che determinano legislazioni e infrastrutture diverse, ma soprattutto modelli applicativi differenti. Ma la diversità svanisce verso l’obiettivo comune del “piccolo e distribuito” che la rivoluzione energetica ci insegna.