Comunità energetiche e regioni: lo stato dell'arte

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Gli enti locali avranno un ruolo fondamentale nella creazione e nella crescita delle Comunità energetiche rinnovabili. L’intreccio legislativo tra direttive europee, legislazione nazionale e regionale è però spesso complesso. Abbiamo provato a tracciare il filo di questo scenario.

La crescita delle rinnovabili e il progressivo decentramento della produzione di energia elettrica hanno anche determinato la nascita di nuovi assetti del sistema energetico, non solo dal lato del consumo ma anche da quello della produzione. Le Comunità energetiche rinnovabili (CER) rappresentano un tassello fondamentale in questo processo di cambiamento del sistema energetico, un modello su cui l’Unione Europea ha già incominciato a puntare in modo evidente per completare il piano di transizione energetica.

Secondo un rapporto da poco pubblicato dall’European Environment Agency (EEA), i prosumer, l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche, sono realtà che si stanno consolidando e sono destinate a crescere nei prossimi anni, anche grazie alle politiche territoriali. Tuttavia, queste realtà devono affrontare ancora molte difficoltà fra cui: i costi di realizzazione dei progetti, le lacune normative e l’assenza di competenze professionali specializzate.

 

LE COMUNITA’ ENERGETICHE, EVOLUZIONE NORMATIVA

Il nuovo sistema energetico è sempre più caratterizzato da una costellazione di piccoli impianti a fonti rinnovabili distribuiti sul territorio nazionale e di consumatori che sono allo stesso tempo produttori, anche definiti prosumer. I prosumer sono i cittadini che hanno installato un impianto fotovoltaico sul tetto di casa, e possono sfruttare sia dall’energia autoprodotta che quella prelevata dalla rete. Ma un prosumer può anche consumare l’energia prodotta da un impianto condominiale, in questo caso parliamo di autoconsumo collettivo. Invece, nel caso in cui sia un impianto costruito con il contributo di più persone a fornire l’alimentazione necessaria alle utenze, parliamo di comunità energetiche rinnovabili (CER). Che le comunità energetiche siano qualcosa di molto recente si può evincere dal fatto che l’espressione stessa è entrata in circolazione nel linguaggio nel dicembre del 2020, con il Parlamento italiano che approvava un emendamento al decreto Milleproroghe 2020 (Dl 30 dicembre 2019, n. 162; riconoscendo così per la prima volta le associazioni di autoconsumatori di energia rinnovabile, così come stabilito dalla Direttiva europea Red II (2018/2001/Ue). Il recepimento definitivo della Direttiva Red II, all’interno dell’ordinamento nazionale, è avvenuto solo due anni dopo con il con il Dlgs 8 novembre 2021, n. 199.

La Direttiva Red II, oltre a definire chi sono gli autoconsumatori di energia rinnovabile e chi gli autoconsumatori che agiscono collettivamente, stabilisce che la “comunità di energia rinnovabile” (CER) è quel soggetto giuridico che: si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonoma ed è controllata da azionisti o membri, che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione. I cosiddetti azionisti o membri sono persone fisiche, Pmi o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali.

L’obiettivo delle comunità energetiche è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.

COMUNITA’ ENERGETICHE, INCENTIVI E ATTESE

La Direttiva Red II prevede anche agevolazioni per l’autoconsumo, come quelle che riguardano il pagamento degli oneri di rete. Gli autoconsumatori di energia rinnovabile devono poter produrre energia per il proprio consumo, immagazzinare o vendere quella in eccesso, senza essere soggetti a procedure e oneri discriminatori o sproporzionati e oneri di rete che non tengano conto del cost reflective, e cioè che rispecchino l’utilizzo che si fa della rete stessa. La totale esenzione degli oneri di rete e di sistema è prevista, invece, per gli impianti di piccola taglia (quelli con potenza uguale o inferiore a 30 kW non incentivati).

Già a partire dal decreto Milleproroghe fu prevista una tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili, sia inseriti nei sistemi di autoconsumo collettivo che realizzati all’interno di comunità energetiche. In seguito, Il Dl 34/2020 (decreto Rilancio) ha poi riconosciuto anche alle comunità energetiche l’accesso al Superbonus 110% destinato alla riqualificazione energetica degli edifici, ma mantenendo solo il ritiro dedicato e la restituzione degli oneri di trasmissione e dispacciamento per l’energia autoconsumata collettivamente.
Lo stesso decreto ha anche stabilito l’estensione da 20 a 200 kW della detrazione fiscale del 50% per gli impianti a fonti rinnovabili realizzati da parte di soggetti che aderiscono alle comunità energetiche.

In ultima battuta è stato il Dlgs 8 novembre 2021, n. 199 a prevedere un aggiornamento di questi primi incentivi. Il decreto stabiliva che entro il 13 giugno 2022 si sarebbero dovuti aggiornare i meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo o in comunità energetiche rinnovabili. L’aggiornamento di questi meccanismi, per cui si è già in estremo ritardo, dovrebbe avvenire tramite la pubblicazione di decreti attuativi. Questi ritardi che hanno suscitato il malcontento degli addetti ai lavori, delle fondazioni e delle associazioni. Come dichiarato dal Coordinamento Free, “I decreti attuativi per le CER erano attesi per il mese di marzo, ora sono attesi per settembre, ma voci interne al governo ci hanno riferito che potrebbero arrivare verso la fine dell’anno. Si tratta di un ritardo intollerabile che farebbe partire i processi di formazione delle CER impedendo ai cittadini d’organizzarsi per fare fronte al caro bollette che di sicuro li accompagnerà per tutto il 2023.”

IL RUOLO DELLE REGIONI

Nella traiettoria di sviluppo delle comunità energetiche, le regioni hanno un ruolo fondamentale sia in quanto enti molto vicini ai cittadini che come “ultimi attuatori” delle politiche nazionali. Non a caso le regioni hanno l’obbligo di recepire la normativa nazionale tramite provvedimenti ad hoc. Questi provvedimenti oltre ad avere una funzione di recepimento, stabiliscono anche il quadro normativo e le procedure da seguire. In questo caso il Piemonte costituisce un esempio abbastanza chiaro, dal momento che ha emanato ben due provvedimenti in merito, stabilendo fra l’altro i criteri da seguire per la costituzione di una comunità energetica. Il modello piemontese indica il quadro delle procedure fondamentali alla costituzione di una comunità energetica: come si adotta un protocollo d’intesa per i comuni che vogliono proporre la realizzazione di una CER oppure come si redige il bilancio energetico (da completare entro sei mesi dalla loro costituzione).

Risulta fondamentale, al fine della diffusione delle CER, che i processi e i criteri da seguire siano molto chiari e ben strutturati, in tal modo tutti gli attori coinvolti (dal cittadino privato, alle Pmi e gli enti), possano accedere in modo semplice alla possibilità di realizzare una comunità energetica rinnovabile. Anche se allo stato attuale non tutte le regioni hanno legiferato, progressivamente si stanno dotando di provvedimenti con cui viene recepita la normativa nazionale e si stabiliscono le misure per promuovere le comunità energetiche sul territorio. Sicuramente fra gli strumenti di promozione più efficaci troviamo i bandi e le agevolazioni per la costituzione delle comunità energetiche. La Regione Lombardia, ad esempio, ha stanziato 20 milioni di euro in favore di comuni e altri soggetti pubblici con l’obiettivo di supportare gli enti non solo economicamente ma anche tecnicamente nella costituzione delle comunità energetiche (https://bit.ly/3RVdQ5l).

Sono varie le strade che si possono intraprendere per la diffusione delle CER, anche per le regioni che non hanno ancora emanato provvedimenti. Questo è accaduto proprio nel Lazio, che prima ancora di recepire la normativa nazionale ed europea ha firmato un protocollo di intesa con l’Università la Sapienza di Roma per la diffusione delle comunità energetiche. L’obiettivo è quello di creare 100 comunità energetiche in 100 comuni. Per la realizzazione di questo piano ambizioso, la Regione ha stanziato 110 milioni di euro a valere sui fondi del PNRR, Fondi Ue 2021-2027 e risorse regionali.

Le regioni possono anche dotarsi di strumenti diversi da quelli incentivanti, per valorizzare l’energia prodotta dalle CER. Questo è quanto accaduto con la pubblicazione della legge della Calabria. Con questo provvedimento non viene solo stabilito quale procedura devono adottare i comuni nella costituzione di una comunità energetica, ma viene anche istituito un marchio di qualità ecologica denominato “Energia Rinnovabile di Calabria”. Marchio che mira a sostenere e promuovere lo sviluppo di un mercato su base volontaria dell’energia pulita da fonti rinnovabili. Saranno garantite la tracciabilità dell’energia e la qualità ecologica degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili presenti nella regione, anche in relazione al loro impatto paesaggistico ed al rispetto della fonte naturale (https://bit.ly/3cNVZOB).

Ma non solo. Le regioni potrebbero anche allargare il tavolo di consultazione sulle Comunità Energetiche, coinvolgendo gli enti territoriali, come ha fatto la Regione Liguria insieme a Anci Liguria e l’Università di Genova, per adeguarsi alla normativa nazionale. La regione, infatti, ha strutturato il tavolo tecnico su due livelli, uno istituzionale con funzioni d’indirizzo e uno di consultazione, uno di ascolto e consultazione che prevede la convocazione delle associazioni, dei professionisti e dei cittadini dei territori coinvolti per indirizzare ma anche e soprattutto ascoltare e dare risposta alle esigenze dei territori e dei soggetti che lo caratterizzano. Si tratta di processi che devono avere due caratteristiche. La prima è quella della massima trasparenza e condivisione, condizioni necessarie per avviare la transizione energetica e che sono sempre più richieste dai cittadini, mentre la seconda è quella del “ritaglio” dei progetti su misura di territori e cittadini. Le Comunità energetiche rinnovabili saranno ancor di più delle fonti rinnovabili esse stesse un prodotto, come ebbe a dire Gianni Silvestrini, di sartoria energetica, perché devono calzare a pennello.

ECCO L’INDICE DEI PROVVEDIMENTI REGIONALI A OGGI USCITI:

  • Abruzzo – legge regionale 17 maggio 2022, n. 8 (Leggi qui)
  • Calabria – legge regionale 10 novembre 2020, n. 25 (Leggi qui)
  • Campania – legge regionale 29 dicembre 2020, n. 38 (Leggi qui)
  • Emilia Romagna – legge regionale 27 maggio 2022, n. 5 (Leggi qui)
  • Liguria – legge regionale 6 luglio 2020, n. 13 (Leggi qui)
  • Marche – legge regionale 11 giugno 2021, n. 10 (Leggi qui)
  • Piemonte – legge regionale 3 agosto 2018, n. 12 (Leggi qui), Dgr 8 marzo 2019, n. 18-8520 (Leggi qui)
  • Puglia – legge regionale 9 agosto 2019, n. 45 (Leggi qui), Dgr Puglia 7 agosto 2020, n. 1346 (Leggi qui) Dgr 9 luglio 2020, n. 74 (Leggi qui)
  • Veneto – legge regionale 5 luglio 2022, n. 16 (Leggi qui)
  • Lombardia – Legge Regionale 23 febbraio 2022 , n. 2 (Leggi qui)
  • Sicilia – Avviso pubblico per la costituzione delle Comunità di Energie Rinnovabili e Solidali (Leggi qui)
  • Valle D’Aosta – Informazioni generali regionali (Leggi qui); Disegno di Legge 74/XVI (Leggi qui)
  • Sardegna – Deliberazione n. 6/20 del 25.02.2022 (Leggi qui)

 

L'OPINIONE DI REGALGRID

Le comunità energetiche in Italia sono fioriere di un cambio di passo nella produzione dell’energia elettrica ma soprattutto di un cambio di modello economico e sociale. Un modello che si sposta ai bordi, alle periferie facendo riacquisire alla collettività un ruolo centrale. La transizione energetica, infondo, passa tutta dalla scelta del modello di produzione.